Introduzione
Nell’ultimo decennio le questioni ambientali e la sostenibilità sono diventate argomenti a cui la società è diventata via via sempre più sensibile, anche per i percepibili effetti del cambiamento climatico in corso. Per questo motivo, sia la collettività che le aziende, prestano sempre più attenzione all’impatto ambientale delle attività svolte e all’impronta ecologica relativa alla produzione di prodotti e servizi.
Crypto e ambiente
Uno degli ambiti oggetto di grandi attenzioni da parte di chi si interessa di questioni ambientali è il mondo crypto, accusato di essere un settore energivoro a causa della numerosità dei computer coinvolti nel funzionamento dell’infrastruttura blockchain e soprattutto per l’onerosità computazionale necessaria per sostenere il funzionamento del sistema decentralizzato e la sua sicurezza.
Il mining
In particolare, nell’occhio del ciclone è finito l’algoritmo di consenso Proof-of-Work (PoW) utilizzato in alcune blockchain fra cui quella di Bitcoin e, fino a poco tempo fa, Ethereum.
L’algoritmo in questione è utilizzato per validare ogni nuovo blocco di transazioni e viene utilizzato dai miner.
I miner sono proprietari di computer che contribuiscono con la loro potenza di calcolo e la loro energia alla rete di una criptovaluta generando nuovi blocchi della blockchain.
I miner utilizzano quindi i propri computer per eseguire l’algoritmo ciascuno sperando di essere il più veloce e vincere la competizione con gli altri miner.
Chi vince, riceve la ricompensa in criptovaluta prevista.
Questo meccanismo ha portato ad una corsa tra i miner per dotarsi di hardware sempre più potente e numeroso, per vincere la competizione. Su questo modello aziende di chips hanno sviluppato dell’hardware specifico per il mining, altre aziende sono nate con il mining come core business e hanno spesso costruito propri farm o datacenter dedicati al mining. L’evoluzione si è spinta fino ad utilizzare il cloud come piattaforma di calcolo.
Proof of Work e Proof of Stake (PoS)
Come detto, il consumo energetico del mondo crypto è molto legato all’uso dell’algoritmo di consenso Proof-Of-Work. Molte cryptovalute usano però algoritmi di consenso diversi e a più basso consumo energetico, come per esempio l’algoritmo Proof-of-Stake.
Fra le cryptovalute più utilizzate, la blockchain di Ethereum è recentemente passata da PoW a PoS, riducendo quindi drasticamente il proprio impatto ambientale.
Ethereum è la blockchain su cui si basa OpenSea, il principale marketplace di NFT.
Ethereum e ambiente
Secondo il cofondatore della blockchain Ethereum Vitalik Buterin, il passaggio di Ethereum a PoS ha ridotto il consumo energetico mondiale dello 0,2%. Inoltre, ha ridotto il consumo energetico di Ethereum del 99,988% e le emissioni di anidride carbonica del 99,992%. Secondo un nuovo rapporto del Crypto Carbon Ratings Institute (CCRI), la rete ora emette meno anidride carbonica (CO2) di quante ne producano alcune centinaia di famiglie statunitensi durante un intero anno di utilizzo dell’elettricità.
L’impatto ambientale degli NFT
Poiché gli NFT sono registrati come asset blockchain, vengono coniati allo stesso modo delle criptovalute. Attualmente la maggior parte degli NFT vengono creati sulla blockchain di Ethereum. Quando viene coniato, viene creata una voce univoca nel registro blockchain che identifica l’asset creato. Ogni volta che viene venduto, anche il trasferimento dell’asset viene registrato sulla blockchain.
Anche se gli NFT di per sé non causano alcun impatto ambientale, il loro impatto sul clima può essere legato al modo in cui vengono prodotti e quindi alla tipologia di blockchain su cui si trovano. In particolare, il tipo di algoritmo di consenso usato dalla blockchain.
Quello che avviene alla creazione di un NFT e nella sua vita successiva può essere così riassunto:
1) L’NFT viene coniato su un marketplace (il più utilizzato è OpenSea)
Il creatore dell’NFT utilizza la piattaforma di un marketplace per caricare le informazioni dell’ NFT, che viene poi tokenizzato e memorizzato nella blockchain.
2) L’NFT viene quotato
Una volta che il NFT è stato coniato, il creatore può collocarlo sul mercato. L’NFT può essere quotato a un prezzo fisso o messo all’asta.
3) L’NFT viene acquistato
Quando l’NFT viene acquistato, viene avviata una transazione blockchain. La rete blockchain opera per convalidare la transazione e trasferire la proprietà del NFT al nuovo proprietario.
Nella versione di Ethereum basata su PoW, l’impronta di un NFT era stimata in 37.29 kg di CO2. Ciò equivale all’impronta di carbonio di 82,648 transazioni VISA o 6,215 ore di visione di YouTube, o equivalente alla stessa quantità di elettricità che una famiglia statunitense utilizza in 47,4 giorni. (Fonte: Digiconomist)
Con il passaggio a PoS, una singola transazione NFT sulla piattaforma Ethereum emette quasi 0,02 chilogrammi di anidride carbonica, pari a 44 transazioni Visa o a 3 ore di visione di YouTube. (Fonte: Digiconomist)
Conclusioni
Gli NFT sono in ultima analisi degli asset che possono essere gestiti su una rete blockchain e trasferiti da un proprietario all’acquirente in caso di vendita. L’impatto ambientale della creazione di un NFT e della sua gestione non è tanto legato al fatto di essere un NFT quanto alla rete blockchain utilizzata per gestirli, in particolare dipende dall’algoritmo di consenso utilizzato dalla Blockchain in questione.
La recente migrazione di Ethereum, principale blockchain usata per gli NFT, all’algoritmo di consenso Proof of Stake, ha drasticamente ridotto il costo in termini energetici della creazione e il commercio di NFT rendendolo trascurabile.
L’affermazione che il mondo NFT sia energivoro, e quindi dannoso per l’ambiente, è fortemente ridimensionata.
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